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- L'arte al tempo del fascismo -

  • tratto da "Paolo Sacchini - L’immagine del
  • 10 lug 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

I ritratti di Mussolini

[...] Un autentico genere a parte è costituito dalla ritrattistica a soggetto mussoliniano.

Non è qui il caso di approfondire la questione del culto della personalità che Mussolini ed il suo staff crearono attorno alla sua immagine: a tale proposito, basterà leggere le citazioni, i commenti e le vere e proprie leggende raccolte nel volume Mussolini. Il mito curato da Renzo De Felice e Luigi Goglia (cur. De Felice & Goglia 1983), o anche nel Mussolini immaginario di Luisa Passerini (Passerini 1991). Prima di proseguire, tuttavia, giova ricordare almeno un aspetto di particolare importanza per il nostro discorso: già nella fase di creazione del mito mussoliniano, che appunto Luisa Passerini colloca tra 1915 e 1926, assai numerosi (e specialmente, come è ovvio, a partire dal 1922) sono i riferimenti all’aspetto fisico del duce, «scrutato come se nel suo caso fosse particolarmente rivelatore sia dello stato d’animo individuale sia della specificità dell’opera» (Passerini 1991, p. 70). A partire dal 1923, addirittura, la descrizione della persona fisica di Mussolini diviene – e non solo presso i suoi biografi, ma più semplicemente anche tra tutti coloro che lo incontrano – una sorta di genere letterario separato, in cui di norma ciò che più spesso viene analizzato sono gli occhi, seguiti dalla “mascella forte e volitiva” (Passerini 1991, p. 74). Ora, anche se le immagini «a statuto nobile» non hanno di norma fatto ricorso ad una pura e semplice illustrazione della vita quotidiana del regime, è giusto sottolineare che il “genere” del ritratto di Mussolini è probabilmente ciò che in maniera più evidente fa eccezione a questa tendenza a "significare" il regime senza "rappresentarlo", rinunciando cioè a precisi riferimenti iconografici. In effetti, infatti, pur trovando il proprio «mezzo espressivo ideale» (Malvano 1988, p. 68) nel cinema e nella fotografia, ritratti riconoscibili del duce compaiono assai frequentemente anche nella produzione artistica tradizionale (Malvano 1988, p. 69). Da un punto di vista comunicativo, però, nonostante il regime abbia senz’altro preferito rappresentazioni più retoriche e magniloquenti, la scultura futurista avrebbe forse potuto essere la più efficace e la più adatta a favorire una penetrazione ancora più larga dell’immagine mussoliniana: e questo perché – se è vero come è vero che «a differenza del messaggio veicolato dall’immagine colta l’immagine che fa da supporto al culto del Duce funziona in base a un messaggio elementare e primario, il cui codice è ridotto a pochi, essenziali segni di riconoscimento, di accesso immediato e generale» (Malvano 1988, p. 67) – la sintesi della plastica futurista poteva ben prestarsi a segnalare proprio i tratti più sinteticamente evidenti del volto di Mussolini, quelli cioè che non a caso emergono con grande forza anche nelle tante descrizioni (cur. De Felice & Goglia 1983; Passerini 1991). Tuttavia, se nel testo scritto emergevano in particolare gli occhi mobili, vivaci e indagatori, in scultura – posta anche la difficoltà forse insuperabile di rendere il movimento guizzante dello sguardo – sono naturalmente le plastiche forme del viso ad accendere primariamente la Ricerche di S/Confine, vol. I, n. 1 (2010) – www.ricerchedisconfine.info 103 fantasia degli artisti: appunto la già citata mascella, innanzitutto, e poi la potente rotondità del cranio. (G. Gianninazzi 1927) Si pensi ad esempio al più famoso ritratto scultoreo di Mussolini prodotto in ambito futurista, ovvero il celebre Dux (cur. Fonti 2005) che Thayaht donò al Duce su suggerimento di Marinetti, e che si meritò un esplicito apprezzamento da parte del dittatore («Questo è Benito Mussolini così come piace a Benito Mussolini», scrisse su una fotografia dell’opera; cur. Fonti 2005, pp. 139-140; cur. Vittori 2009, p. 115). Evidentissima, nonostante la sintesi estrema ed il fatto che la fisionomia derivasse da studi degli anni precedenti che nulla avevano a che vedere con Mussolini (cur. Fonti 2005), è la riconoscibilità del soggetto, tanto nella visione laterale o di tre-quarti quanto in quella frontale: è soprattutto la mascella a contribuire, ma non mancano di efficacia in tal senso né la curvatura del cranio, né le semplificate arcate sopracciliari. Un altro interessante ritratto di Mussolini è Architettura di una testa (Mussolini) di Mino Rosso di cui sono note almeno due versioni in differenti materiali (cur. Crispolti & Pinottini 1986; cur. Buscaroli 2009). I tratti somatici sinteticamente ripresi dall’autore sono esattamente quelli cui già abbiamo accennato: la mascella (in questo caso addirittura aggressivamente meccanica, oltre che prominente), la curvatura del cranio e gli occhi, anche se per quanto riguarda quest’ultimo dettaglio non si può non notare quanto si diceva prima, ovvero la difficoltà di rendere plasticamente la mobilità indagatoria che secondo i biografi segnava in maniera così evidente lo sguardo di Mussolini. [...]

(Scultura in bronzo su base di travertino firmata Guillermo Gianninazzi Roma !927 - Esposizione e vendita presso "La Soffitta delle Meraviglie" - Via Tirso 71/73 - 00198 - Roma )


 
 
 

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