Pillole di storia del Made in Italy - Grandi nomi italiani nel mondo. - Pennino Bros. -
- (tratto dal sito: Pasquale Pennino & Figli)
- 22 giu 2018
- Tempo di lettura: 8 min
Il Gioiello: Terminologia
Costume Jewelry: o in altre fonti (tra cui il biglietto da visita della Pennino Bros. Inc.) Fine Fashion Jewelry, letteralmente significa «gioielleria da indossare». In francese bijou de fantasie, è tradotta in italiano con la locuzione «gioielli fantasia».1 In molte fonti italiane è anche definita «alta bigiotteria», o «bigiotteria di alta classe». Si tratta di un tipo di gioielleria a base di materiali poco costosi, destinati a fungere da accessori per le creazioni di alta moda e sui set cinematografici. Il termine è stato utilizzato per la prima volta in riferimento ai bijoux disegnati da Hobe per i costumi di scena delle Ziegfeld Folies, una serie di produzioni teatrali a Broadway, e il settore si è poi notevolmente sviluppato con i film muti di Hollywood. Dopo in inizio caratterizzato dalla copia di gioielli autentici in materiali preziosi come l’oro o il platino, e pietre di alto valore, la costume jewelry, lanciata da produttori come Coco Chanel, si afferma come ambito di ideazione autonoma nell’Europa degli anni ’20 e soprattutto negli Stati Uniti degli anni ’30, dove sorse un settore produttivo con centinaia di manifatture (factories), migliaia di addetti e decine di disegnatori. Negli Stati Uniti, lo sviluppo della costume jewelry è legato alla crisi di Wall Street del 1929, quando diventano sempre più rari i metalli preziosi e le pietre da impiegare nell’ oreficeria e diminuisce la disponibilità economica per acquistare beni di lusso. Per questi motivi, orafi e gioiellieri devono trovare nuove vie, sperimentando con materiali non preziosi o leghe, che mantengano però lo splendore e la luminosità degli originali: si diffondono così le perle d’imitazione e gli strass chiari, i cristalli colorati in pasta di vetro, la doratura o la rodiatura del metallo di base, in genere sterling, per renderlo meno deteriorabile. È questa l’epoca in cui si delineano i profili di grandi marchi come Eisenberg, Pennino, Trifari, Coro, Panetta, Boucher, Schiaparelli. In questo ambito è la grazia, la creatività, l’originalità del design e la perfezione del progetto a rendere il gioiello un oggetto prezioso e raffinato. Stelle cinema come Greta Garbo, Marlene Dietrich, Betty Davis e Vivien Leigh indossavano gioielli fantasia sui loro costumi di scena ma anche in altre occasioni mondane. Le lavorazioni erano eseguite con cura meticolosa delle decorazioni e bellissimi disegni. I colori, le forme, e gli innumerevoli soggetti per giorno e sera sono diventati immensamente popolari: la storia della costume jewelry correva parallela a quella della vera gioielleria e dell’alta moda. Dopo una prima fase legata alle geometrie art deco, la produzione dei gioielli fantasia incontra, negli anni ’40 e ’50, «un gusto eclettico dove prevale l’interesse per la linea curva e per la densità decorativa, con le sue innumerevoli varianti di nodi, fiocchi, fiori, foglie e animali.»2 Alla Costume Jewelry è stata di recente dedicata una mostra a Palazzo Madama di Torino, con l’esposizione di circa 300 pezzi della collezione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, tutti prodotti in USA tra il 1930 e il 1970. La famosa collezionista piemontese dichiara nella presentazione della mostra: «Quello che cerco nella bigiotteria di alta classe è la creatività e la fantasia, e apprezzo l’utilizzo di materiali innovativi come la gomma vulcanizzata, la bachelite, il plexiglas e l’acrilico, che sono stati i precursori di tante mode future. Questi elementi possono essere umili, ma sono anche belli, accessibile e alla portata di tutti. Adoro gli smalti di Marcel Boucher, le eccentriche spille di Eisenberg, […] le creazioni di Kenneth Jay Lane (la famosa bijoutière ricercata dalla Duchessa di Windsor, da Jackie Kennedy, e dall’allora direttore di Vogue, Diana Vreeland), e mi piacciono le pazze composizioni del giovane Wendy Gell, e la fantasia sfrenata di Iradj Moini, che ancora oggi progettare gioielli e che io considero straordinariamente contemporaneo.» Nella bacheca dedicata agli anni ’20 e ’40 erano esposti una dozzina di spille a marchio PENNINO,tutte caratterizzate da un tipico stile floreale ricco di nastri e fiocchi che in molti casi costituisce l’elemento per riconoscere la firma a prima vista.
Vintage: letteralmente «vendemmia», nel suo senso proprio indica l’anno di produzione del vino di qualità. Estensivamente, nel senso di «annata» è un attributo che definisce le qualità ed il valore di un oggetto indossato e/o prodotto almeno vent’anni prima del momento attuale, e che può altresì essere riferito a secoli passati senza necessariamente essere circoscritto al XX secolo. Gli oggetti definiti vintage sono considerati cult per differenti ragioni tra cui le qualità superiori con cui sono stati prodotti, se confrontati ad altre produzioni precedenti o successive dello stesso manufatto, o per ragioni legate a motivi culturali, affettivi, emotivi.
Base Metal: in italiano «metallo di base», è il metello “povero” che nei gioielli fantasia fornisce la base sia per la lavorazione degli oggetti, sia per la loro placcatura con metalli più pregiati, come l’oro, il platino, e successivamente il rodio. Metalli di base molto usati erano il rame, lo zinco, lo stagno da soli o in lega. È assodato che la Pennino Bros. utilizzasse come metallo di base una lega detta «sterling».
Sterling: in italiano «sterlina», è una lega di argento e rame, in vari titoli (925, 835 e 800 intesi come parti per 1000), che vengono punzonati sull’oggetto. Questa punzonatura non è presente negli oggetti più vecchi, ma pare assodato che la maggior parte dei gioielli fantasia prodotti negli USA tra gli anni ’20 e ’60 siano stati fabbricati in sterling, come è testimoniato da un accordo tra i produttori siglato verso la fine degli anni ’50 anche dalla Pennino Bros. Verso la metà degli anni ’30 sull’argento sterling si iniziò ad aggiungere una placcatura in rodio, metallo molto resistente all’ossidazione e molto meno caro del platino.
Vermeil: letteralmente «rosso vivo», è una varietà di metallo da oreficeria formato da una base di argento sterling rivestita da una placcatura in oro ad almeno 10 carati e dello spessore di almeno 1 micron e mezzo. È però comune l’utilizzo di oro a 14 carati con spessori superiori. La placcatura consente di evitare i problemi legati all’ossidazione dell’argento. Il vermeil essendo più costoso ma anche più resistente dell’argento è un materiale usato per realizzare oggetti di pregio.
Strass: così chiamato dal nome del gioielliere alsaziano George Friedrich Strass, che inventò a metà ‘800 la tecnica per la sua produzione artificiale, è un tipo di pietra da gioielli a base di cristallo di rocca (quarzo ialino), o più recentemente di pasta di vetro o acrilico, dalla lucentezza simile a quella dei diamanti (cristalli di carbonio puro al 100%) ma molto meno raro e prezioso, e di minor durezza. In inglese viene chiamato Rhinestone (pietra del Reno), perché in origine il quarzo ialino veniva estratto e lavorato lungo le sponde di quel fiume; successivamente la lavorazione si spostò in tutto il bacino settentrionale delle Alpi, ed in effetti il tipo oggi più ricercato, lo Swarovski, proviene originariamente dalla Boemia. È anche noto come «pietra d’Austria», e in genere presenta una colorazione trasparente ed iridescente; ma con particolari accorgimenti della lavorazione può anche assumere colorazioni rubino, acquamarina, smeraldo, eccetera. Gli strass, composti prevalentemente da piombo e cadmio, possono essere utilizzati come imitazioni dei diamanti, e alcuni produttori riescono a riprodurre l’effetto scintillante che i diamanti reali hanno al sole. La ditta Pennino era famosa per l’accuratezza con cui selezionava i produttori austriaci e cechi degli strass chiari e colorati, generalmente in pasta di vetro, che sarebbero poi stati incastonati nei suoi gioielli.
Pietra di luna (Moonstone): è un silicato di potassio e alluminato di sodio, il cui nome deriva da un effetto visivo causato dalla diffrazione della luce all’interno della pietra ad opera di una microstruttura costituita da una successione regolare di strati. Il minerale da cui si ricava è l’adularia (pietra di Adula nel Canton Ticino, o la meno cara labradorite (pietra del Labrador). La pietra di luna è stata utilizzata in gioielleria per secoli, fin dalla notte dei tempi: i Romani e Greci ammiravano la pietra di luna, e l’associavano alle loro divinità lunari. Nella storia più recente, la pietra di luna è diventata popolare durante il periodo Art Nouveau; molti orafi tra cui i Pennino hanno creato una grande quantità di gioielli utilizzando questa pietra o le sue imitazioni, a base di pasta di vetro finemente lavorata in modo da garantirne la luminosità.
Taglio a brillante: è un tipo di taglio della pietra preziosa o del cristallo da gioielli in forma circolare e fortemente sfaccettata, con molti spigoli sulla faccia superiore (almeno 32). Può essere rotondo, ovale, a goccia, a cuore, a navette.
Navette: letteralmente «piccola nave», è un tipo di taglio della pietra preziosa o del cristallo da gioielli a cui viene data una forma ovale con le estremità appuntite, simile alla navetta da tessitura. È chiamato anche marquise.
Taglio a tavola: è un tipo di taglio della pietra preziosa o del cristallo da gioielli in forma circolare e fortemente sfaccettata, con meno spigoli del taglio a brillante (da 4 a 8). Può essere rettangolare, a baguette, quadrato (carré), triangolare, rotondo.
Baguette: letteralmente «bacchetta», ed estensivamente «pane a forma di filone», è un tipo di taglio della pietra preziosa o del cristallo da gioielli a cui viene data una forma quadrangolare oblunga.
Pavè: letteralmente «pavimentato», si dice di una lavorazione che copre interamente il metallo con un tappeto di pietre molto piccole.
Faux perles: letteralmente «perle false», il termine è addolcito in italiano dalla locuzione «perle d’imitazione», intese come quelle interamente prodotte dall’uomo senza l’utilizzo naturale o artificiale del mollusco dell’ostrica. Le perle d’imitazione possono essere fatte di diversi materiali dal vetro alla plastica alla porcellana e ricoperte con sostanze madreperlacee di origine animale o addirittura colorate con vernici opalescenti che danno l’effetto perlato, o in alcuni casi un effetto misty, o in francese fumé, cioè appannato. In inglese, a volte si trova simulated pearls.
Clip: letteralmente «ciò che stringe», indica il fermaglietto a molla, di vario materiale, di cui sono dotati orecchini, spille e altri oggetti di ornamento. Oreste Pennino ne brevettò un modello nel 1938.
Bezel: tradotto con «lunetta», il termine si riferisce ad un anello di metallo contenente un solco e una flangia per trattenere la pietra preziosa nel suo ambiente. Questo è stato il primo metodo per incastonare pietre preziose in gioielli, spesso realizzato lasciando una fessura poi ripiegata su se stessa una volta che la pietra è stata inserita, tenendola in posizione. In epoca più recente, la lunetta è un alloggiamento concavo in cui si adatta perfettamente la pietra.
Prong: letteralmente «dente», inteso come parte di un oggetto in metallo (forchetta, ingranaggio, etc.), il termine si riferisce a un sistema di aggancio della pietra preziosa al suo alloggiamento, aperto o chiuso sul fondo, mediante piccoli denti (in italiano «graffe») che vengono ripiegati per tenerla ferma su una base metallica.
Chaton o Castòne: si tratta dell’alloggiamento, aperto o chiuso sul fondo, in cui vengono poste le pietre preziose fermandole con piccoli ganci o graffe. Per estensione, il termine è usato anche per definire la pietra così trattata. Dal termine deriva il verbo «incastonare».
Parure: dal verbo francese parer «adornare, apparecchiare», con questo termine si intende un insieme coordinato di gioielli analoghi per struttura, forma, materiale e design, in genere composto da collana, braccialetto, orecchini e spilla. Spesso nel commercio del vintage i pezzi sono separati, costituendo quella che si chiama una demi-parure. In molte descrizioni si trova l’equivalente termine inglese set.
Tratto dalle memorie di Pasquale Pennino: "Da che ho memoria, i Gioielli Pennino sono una componente della mia esperienza. Li vedevo nel negozio di Oreficeria e Gioielleria di mia nonna Maria Pennino, dove mio nonno Candeloro esercitava l’arte di orefice e orologiaio, che si trovava al piano terra dell’antico palazzo in Boscoreale dove ero nato nel 1951. Li vedevo indosso a mia nonna quando insieme andavamo alle feste di battesimo o ai matrimoni della nostra numerosa e ramificata famiglia, più raramente indosso a mia madre. Ne ricordo alcuni in casa dei miei zii Oreste e Anselmo Pennino a North Haven, quando li andammo a trovare nel 1964, e fummo loro ospiti nella bellissima casa di campagna dove ormai si erano definitivamente trasferiti. La ditta, secondo le fonti fondata nel 1921 a New York con il nome di Pennino Jewelry e poi trasformata in Pennino Brothers nel 1926, aveva cessato le attività e stava chiudendo i battenti, e non essendovi eredi diretti dei fondatori la sua liquidazione era stata affidata a un giovane avvocato, nipote della moglie di zio Anselmo.
Cinque anni dopo questo nostro viaggio in America nonna Maria morì. Aveva 74 anni, e il negozio di Boscoreale era già chiuso da tempo."
(Nella foto: Parure Art Decò firmata "Pennino" - Collezione privata, esposta in vendita presso: "La Soffitta delle Meraviglie" Via Tirso 71/73 - 00198 - Roma - Italy - info: lasoffittashoppingonline@gmail.com)
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